L‘ictus cerebrale (in inglese Stroke) appartiene alla classe delle malattie neurovascolari ed è caratterizzato dalla comparsa improvvisa di segni o sintomi neurologici con disfunzione focale o globale, per una durata superiore a 24 ore o nella peggiore delle ipotesi con esito infausto.
Si distingue dall’attacco ischemico transitorio (TIA), la cui sintomatologia dura meno di 24 ore.
La sintomatologia dell’ictus dipende dall’area cerebrale colpita. Il quadro neurologico generalmente dipende dall’arteria interessata, ma non sempre vi è una esatta correlazione. Di seguito sono riportati alcuni dei sintomi principali:
- Improvvisa mancanza di forza, formicolio e mancanza di sensibilità ad un braccio e ad una gamba
- Emiparesi
- Incontinenza urinaria
- Confusione e scarsa capacità di giudizio
- Cefalea e vomito
- Disartria
- Emianestesia
- Emianopsia omonima controlaterale
- Afasia e Aprassia(se è interessato l’emisfero sinistro)
- Neglect sensoriale (se è interessato l’emisfero destro)
- Cecità corticale unilaterale
- Perdita di memoria
- Deficit dei nervi cranici unilaterale o bilaterale (p. es., nistagmo, vertigini, disfagia, disartria, diplopia, cecità)
- Ipoestesia o ipostenia facciale omolaterale
- Atassia del tronco e degli arti
- Alterazione dello stato di coscienza
- Tachicardia, pressione arteriosa alterata.
In Italia l’ictus è la terza causa di morte, dopo le malattie ischemiche del cuore e le neoplasie; causa il 10-12% di tutti i decessi per anno e rappresenta la prima causa di invalidità.
Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000 ictus, di cui il 20% sono recidive. Il 10-20% delle persone colpite da ictus cerebrale muore entro un mese e un altro 10% entro il primo anno dall’evento ischemico.
Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità, e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza.
Le cause più frequenti che possono determinare un ictus sono:
- Ischemiche (si parla dunque di ictus ischemico) quando c’è un’interruzione dell’apporto di sangue in una certa zona del cervello.
Nell’ischemia cerebrale, l’occlusione arteriosa si verifica nel 75% dei casi per alterazioni arteriosclerotiche dei vasi che portano il sangue all’encefalo (ictus trombotico o tromboembolico), nel 20% in seguito a embolia a partenza cardiaca (ictus cardioembolico) e nel 5% per altre cause. - Emorragiche (si parla di ictus emorragico), quando si verifica una rottura di un vaso arterioso con conseguente stravaso di sangue nel parenchima cerebrale (tessuto nervoso coinvolto nella formazione e nella trasmissione di impulsi elettrici).
Nella maggior parte dei casi l’emorragia cerebrale ha ugualmente come causa l’arteriosclerosi dei vasi sanguigni ed è frequentemente correlata all’ipertensione arteriosa. Il quadro clinico è spesso più grave rispetto all’ischemia.
Una piccola quota di emorragie cerebrali, le emorragie subaracnoidee, è invece causata dalla rottura di malformazioni vascolari (aneurismi, malformazioni artero-venose e angiomi) spesso congenite. In questo caso l’evento colpisce soggetti più giovani ed è il sottotipo di stroke di maggiore gravità.
L’ictus cerebrale rappresenta, pertanto, non solo un’emergenza medica in fase acuta e post-acuta, ma anche un rilevante problema sanitario e sociale. Proprio per queste ragioni è necessario sia un intervento medico tempestivo, che somministri le terapie farmacologiche adeguate, sia un intervento riabilitativo precoce che costruisca il suo agire terapeutico tenendo conto del funzionamento del sistema nervoso e rispettando i tempi biologici del processo di recupero che sono differenti da soggetto a soggetto.
Cerchiamo ora di osservare più da vicino cosa accade nel nostro cervello dopo l’evento ischemico per comprendere meglio come comportarsi dal punto di vista riabilitativo e quindi del recupero.
L’ictus provoca una lesione diretta in una o più regioni del tessuto cerebrale. In queste zone (Core) le cellule neuronali muoiono poiché viene loro a mancare la possibilità di ricostruire le proprie risorse energetiche.
Nel tessuto neuronale circostante alla lesione si assiste alla formazione di un accumulo di liquido, edema, che provoca una riduzione del flusso di sangue e quindi di ossigeno anche a queste cellule non direttamente coinvolte (zona di Penombra Ischemica). Tuttavia, anche se interessate indirettamente, queste cellule sono recuperabili entro diverse ore, ma presentano un grado di vulnerabilità maggiore.
Insieme a questi eventi che riguardano la sede di lesione e le zone limitrofe, si verifica un effetto a distanza ed in relazione con la lesione stessa: la diaschisi.
La diaschisi è un fenomeno inibitorio, immediatamente successivo alla fase acuta di shock. Il termine “diaschisi”, che deriva dal greco diaschizein composto da [dia] + [schizein] (“dividere”, inteso come “separazione” o “divisione”), fu proposto come una nuova modalità di shock con l’obiettivo di distinguere tra sintomi di lesioni cerebrali focali e gli effetti transitori che hanno prodotto e che sono attribuibili alla depressione di parti distanti del cervello collegate alla zona lesa.
Inizialmente si riteneva che la depressione di regioni cerebrali, anatomicamente distinte e distanti dalla sede di lesione, ma in connessione funzionale con essa, fosse causata da una riduzione delle funzioni metaboliche e del flusso sanguigno in queste aree cerebrali integre.
Successivamente venne scoperto che la diaschisi è un fenomeno inibitorio che avviene a livello sinaptico, ovvero a livello dei punti funzionali di contatto fra due o più cellule nervose. Le sinapsi sono la base dalle molteplici interconnessioni esistenti tra i neuroni delle diverse regioni cerebrali.
Possiamo pensare che, durante il periodo di diaschisi, è come se il sistema nervoso mettesse a riposo anche quelle regioni cerebrali non direttamente coinvolte dalla lesione.
Ricapitolando, in seguito ad una lesione che colpisce il sistema nervoso centrale, si crea uno stato di inibizione che interessa aree distanti dalla sede di lesione e che ha un ruolo protettivo per il sistema stesso.
Questo stato di inibizione lascia gradualmente il posto ad uno stato di ipereccitabilità neuronale delle regioni cerebrali funzionalmente connesse alla sede della lesione, sia ipsilaterali che controlaterali.
In questa fase i neuroni di queste aree aumentano la loro eccitabilità e la loro capacità ricettiva per ritrovare una comunicazione con i neuroni rimasti integri, in prossimità del focolaio di lesione, o per creare delle nuove connessioni con altri neuroni. Iniziano così a prendere forma i primi fenomeni di plasticità neuronale.
E’ di fondamentale importanza sapere che durante questa fase di deinibizione, essendo la diaschisi un fenomeno inibitorio che avviene a livello delle sinapsi, i primi circuiti neuronali a liberarsi sono quelli più semplici, cioè quelli che hanno bisogno di un numero minore di connessioni per comunicare. Un’esempio di riattivazione di circuiti più elementali è la ricomparsa dei riflessi osteo-tendinei.
Questa nozione ha delle implicazioni importanti che devono essere prese in considerazione quando si inizia un percorso di riabilitazione post-ictus.
Il tempo impiegato dalla diaschisi per regredire totalmente è difficile da stabilire, basti pensare che alcune regioni del cervello posso impiegare più di un anno per uscirne. Possiamo dunque osservare come questi fenomeni avvengano nel cervello in tempi diversi, a partire dai giorni successivi all’evento ischemico.
Superata la fase di ipereccitabilità, il sistema nervoso centrale entra in una fase di normoeccitabiltà in cui attività neuronale si normalizza. Anche durante e dopo questa fase avvengono fenomeni di riorganizzazione neuronale, ovvero fenomeni di plasticità neuronale.
Sapere che, una volta conclusa la fase di ripristino dell’eccitabiltà neuronale entro un valore di soglia normale, nel sistema nervoso possano verificarsi riorganizzazioni plastiche ha una rilevanza fondamentale a livello riabilitativo e nel percorso di recupero.
La Riabilitazione Neurocognitiva si avvale di queste conoscenze sulla riorganizzazione del cervello dopo un ictus cerebrale per orientare il suo procedere riabilitativo.
Dott. Andrea Nati
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